Scuola e Costituzione

«Il Nuovo Corriere», Firenze, 3 aprile 1947, p. 1.

SCUOLA E COSTITUZIONE

Con questo articolo dell’on. prof. Walter Binni, deputato socialista e noto critico letterario, apriamo le nostre colonne alla libera discussione sul gravissimo problema della scuola, in attesa che l’Assemblea Costituente fissi i principi generali che dovranno reggere la nostra legislazione scolastica (nota redazionale).

Due grandi affermazioni sono all’inizio dei due articoli (27, 28) che nel Progetto di Costituzione della Repubblica Italiana riguardano il problema della scuola: l’Arte e la Scienza sono libere e libero il loro insegnamento; la Scuola è aperta al popolo. Proposizioni olimpiche la cui solennità trae forza dal contrasto con la loro effettiva negazione da parte dei regimi assoluti e reazionari, con la triste e viva esperienza che il popolo italiano ha fatto fino alla sua liberazione. Non vi sarà lunga discussione sul secondo principio dato che i conservatori di casa nostra non oseranno contrastare un principio di giustizia (e di utilità della nazione che deve rinnovare la sua classe intellettuale e tecnica con una selezione severa entro l’offerta piú abbondante di energie nuove) che dovrebbe poi tradursi in provvedimenti legislativi concreti per i quali possono sperare fra l’altro che manchino i mezzi o che tale mancanza possa venire comunque invocata in tempi ipoteticamente piú a loro propizi. Mentre tutte le forze progressiste di qualsiasi tendenza e di qualsiasi fede appoggeranno con gioia l’apertura della scuola a quelle fresche energie popolari per troppo tempo trattenute lontane a favore di classi spesso esaurite e incapaci.

Ma dove la concreta collocazione della libertà appare piú suscettibile di discussione e di urto nella Costituente (né ci si dolga che su cose di tanta importanza una leale battaglia si spieghi nei suoi termini meno artificiosi di fronte ad una società ancora cosí confusa e frastornata dall’uso antitetico e tendenzioso delle «parole»), è nell’ambito del primo principio che viene poi a tradursi nella grossa questione della scuola libera, libertà d’insegnamento, scuola pubblica e privata, sovvenzionata o no. Nessuno nega (e meno che mai i rappresentanti delle forze che tendono alla loro completa liberazione e alla trasformazione di una società il cui peccato originale è la mancanza di vera libertà e di chiusura all’impeto della vita) la liberta d’insegnamento e la possibilità che chi non vuole accedere alla scuola pubblica, costruita come scuola di tutti, come scuola concretamente libera, vada a frequentare l’insegnamento del singolo o dell’istituto comunque privato. Ma ciò che noi crediamo inaccettabile è l’effettiva inferiorità su cui proprio la scuola pubblica verrebbe a trovarsi mediante l’estensione della parificazione, l’addolcimento dell’esame di Stato e soprattutto le sovvenzioni alle scuole private, di fronte alla scuola di speculazione che promette piú facile conseguimento di diplomi e di fronte alla scuola confessionale appoggiata a potenti ordini religiosi e aiutata nella maggior parte dei casi da floridi convitti annessi. E in verità quando si abbandoni il cielo non sempre limpido dei principî e si scenda sulla terra delle constatazioni storiche, quale altra scuola esiste o può esistere in Italia (a parte quella concepita come industria privata e non giustificata da particolari esigenze di fedi o di idee) se non quella cattolica? La quale pur preceduta da tutt’altra pratica di monopolio sotto i regimi assoluti, ha scelto il metodo della libera concorrenza come strada per un nuovo monopolio e con la pronta limitazione della stessa conclamata libertà mediante la distinzione coerente alle posizioni tradizionalmente cattoliche che la libertà di insegnamento spetta «soltanto a chi possiede la verità» e non all’errore che, come ben si sa, è facilmente identificabile con quanto non corrisponde alla precisa dottrina cattolica.

La scuola nazionale sarà difesa cosí non per spirito fazioso, ma proprio contro ogni esistente o possibile spirito di parte da tutti coloro che sono convinti ugualmente del diritto per tutti alla libertà d’insegnamento (e quindi anche alla scuola di parte), del diritto e dovere che lo Stato ha di mantenere ovunque e nella massima efficienza quella scuola veramente libera anche nel suo interno da cui il popolo italiano deve attendersi la formazione non solo di una classe intellettuale e tecnica seriamente addestrata, ma di coscienze aperte, di uomini che lottando vigorosamente per le loro idee e per le loro fedi trovino un piano comune di reciproca comprensione e di tolleranza democratica. E sarebbe curioso che mentre tanto si invocano il rispetto e la comprensione, l’abitudine alla leale lotta democratica, si venisse a favorire fin nei giovani una separazione ed una formazione chiusa che, secondo noi, non dovrebbero desiderare neppure quei cattolici che sentano con coerente profondità la vocazione democratica del cristianesimo.